Edmondo De Amicis è conosciuto soprattutto per il suo libro Cuore, denso di retorica patriottica, per i libri di viaggio e le memorie militari. È con una certa sorpresa che si scopre, in questa raccolta di inediti pubblicata postuma nel 1910 dall’editore Treves, che a un certo punto della sua vita (negli anni ’90 dell’’800) passò dalla propaganda patriottica e dalle simpatie militariste al partito socialista, soprattutto grazie alla sua amicizia con Filippo Turati.
La raccolta, voluta anche dal figlio Ugo, è divisa in tre argomenti: una prima parte, sinceramente la meno valida, in cui un borghese diventato socialista si relaziona di volta in volta con il padre, la madre, la sorella, gli amici, per discutere di socialismo e difendere le sue teorie dagli attacchi – anche violenti – degli interlocutori. Il tono è didascalico, e la qualità letteraria non è alta: si capisce perché l’autore abbia deciso di non pubblicare questi scritti.
Più interessante la seconda parte, dedicata agli scritti e a discorsi propagandistici per varie occasioni: la celebrazione del primo maggio, la deposizione al processo di Turati (imprigionato dopo i fatti di Milano del 1899), l’esortazione agli operai a partecipare al voto municipale di Torino.
Interessante anche la terza, dedicata al tema del socialismo e della pace. L’autore prende spunto dal congresso di Algesiras, tenuto nel 1906 per dirimere le divergenze francesi e tedesche a proposito dell’espansione coloniale in Marocco, per parlare della pace e del ruolo che i partiti socialisti di ogni paese dovranno necessariamente avere per impedire la guerra. Siamo ancora lontani dalla guerra, ma il clima internazionale sta già cominciando ad oscurarsi, e la speranza – che verrà drammaticamente smentita nel 1914 – è quella di una alleanza tra i proletariati di tutti i paesi per impedirne lo scoppio. L’adesione al socialismo porta l’autore a rivedere il concetto di Patria: condanna il patriottismo retorico e vuoto, nazionalistico ed ostile agli altri popoli, che definisce “amor di patria bugiardo”: per lui l’internazionalismo non è in contrasto con l’amore verso il proprio popolo, di cui si vuole il riscatto sociale, allo stesso modo in cui l’amor di patria non è in contrasto con l’amore verso i propri figli.
Su questi temi, vedi anche Primo maggio, romanzo pubblicato postumo nel 1980 e già presente in Liber Liber.
Sinossi a cura di Claudio Paganelli
Dall’incipit del libro:
Alberto Bianchini aveva scelto la carriera dell’insegnamento letterario, non solo per la tendenza naturale del proprio ingegno, ma anche per un sentimento capriccioso di vanità mondana: perchè gli pareva che in lui, giovane agiato, elegante, addestrato a tutti gli esercizi cavallereschi, e destinato a brillare nella società signorile, avrebbe acquistato una grazia insolita, sarebbe parso una qualità singolare ed amabile quel titolo di professore di lettere, che suol dare l’immagine d’uno studioso un po’ pedante e un po’ sciatto, rifuggente dal bel mondo per necessità o per natura. Ma questa vanità egli aveva perduta in parte nel corso dei suoi forti studi universitari, e non gliene restava più traccia quando, terminati gli studi, entrava a un tempo stesso nell’insegnamento e nell’arte.
Nell’arte era entrato di sbalzo con un’opera d’immaginazione e d’analisi: le confessioni d’un uomo che, rifatto fisicamente fanciullo, ricomincia la vita scolastica, e giudica dai banchi della scuola, con l’intelligenza e l’esperienza dell’età virile, gli studi, i compagni, gl’insegnanti, i piccoli avvenimenti d’ogni giorno; lavoro, per le sue forze, prematuro, e in molti punti manchevole; ma vivo e ardito, lampeggiante d’idee originali, e condotto, da un capo all’altro, a ondate d’eloquenza colorita e sonora, che avevano avuto una fortuna.
Scarica gratis: Lotte civili di Edmondo De Amicis.